Onorevoli Colleghi! - Il pluralismo informatico - ovvero la libera scelta tra le tecnologie disponibili sul mercato - è un principio cardine per assicurare la competitività tra le aziende e la trasparenza dei processi di acquisizione.
      Nella passata legislatura, il Governo - con l'allora Ministro per l'innovazione e le tecnologie Stanca - ha affrontato per la prima volta in Italia il tema, analizzandolo in un contesto applicativo complesso come quello dei sistemi informativi della pubblica amministrazione.
      Il Ministro aveva infatti previsto - tramite il decreto 31 ottobre 2002 - l'effettuazione di un'indagine condotta da un'apposita Commissione tecnica al fine di valutare i possibili benefìci derivanti da una scelta tra l'utilizzo di software cosiddetto «libero» e di software «proprietario».
      La Commissione aveva concluso che l'uso del software «a codice sorgente aperto» deve costituire una scelta possibile per le infrastrutture della pubblica amministrazione, ma che le scelte di soluzioni e di servizi devono essere effettuate solo sulla base di un'attenta analisi del rapporto tra costi e benefìci.
      Sulla base dell'analisi prodotta dalla Commissione, lo stesso Ministro per l'innovazione e le tecnologie ha quindi emanato la direttiva 19 dicembre 2003, recante «Sviluppo ed utilizzazione dei programmi informatici da parte delle pubbliche amministrazioni», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 31 del 7 febbraio 2004, che costituisce la prima regolamentazione adottata in materia per favorire il pluralismo informatico e la neutralità tecnologica nelle scelte della pubblica amministrazione.
      La direttiva fornisce alle pubbliche amministrazioni indicazioni e criteri tecnici e operativi per gestire efficacemente il processo di predisposizione o di acquisizione di programmi informatici, con l'obiettivo di favorire il pluralismo informatico mantenendo,

 

Pag. 2

al tempo stesso, il principio di neutralità e di libera scelta nelle decisioni di acquisto di beni e di servizi nella pubblica amministrazione.
      Il precedente Governo non aveva ritenuto necessario prevedere atti integrativi ed esplicativi della direttiva. Il Ministro aveva infatti sostenuto che non si può formulare una normativa rigida della materia che preveda una scelta prescrittiva da parte della pubblica amministrazione, perché ciò risulterebbe in contraddizione con la dinamica tipica delle nuove tecnologie, oltre che con la libertà del mercato e della concorrenza.
      Ciononostante abbiamo assistito a un proliferare di progetti di legge, sia a livello regionale che nazionale, i quali, asserendo di favorire il pluralismo informatico, impongono alle amministrazioni locali e centrale l'utilizzo di software libero, sulla base di scelte ideologiche, non supportate da alcuna valutazione di tipo economico, con ciò rischiando di escludere dal mercato - non solo e non tanto i tradizionali produttori di software (come spesso auspicato nelle stesse relazioni ai progetti di legge!) - ma tutte quelle piccole e medie imprese italiane che costituiscono l'indotto dei servizi collegati.
      Non solo, una scelta prescrittiva priverebbe i cittadini utenti - nel dialogo con la pubblica amministrazione - della garanzia di poter effettuare una libera scelta, secondo i propri criteri di preferenza, nell'acquisizione di una tecnologia, sia essa open che commerciale.
      Il presente progetto di legge ha pertanto l'obiettivo di favorire realmente il pluralismo informatico, prevedendo che la pubblica amministrazione garantisca sia la libertà di scelta nella realizzazione di piattaforme informatiche che il libero accesso ai contenuti, assicurando l'eliminazione di ogni barriera dovuta a differenze di standard.
      La pubblica amministrazione sarà quindi tenuta a privilegiare, tra le opzioni tecniche ed economiche presenti sul mercato, quelle che assicurano l'interoperabilità tra i diversi sistemi informatici, cioè la capacità dei vari componenti tecnologici, dei sistemi e dei servizi di comunicare e di scambiare informazioni tra loro e con altri sistemi secondo standard condivisi.
      Nello specifico, l'articolo 1 stabilisce che lo Stato favorisce il pluralismo informatico, attraverso l'eliminazione delle barriere dovute a differenze di standard.
      L'articolo 2 reca le definizioni di «standard», «open standard» e «interoperabilità».
      L'articolo 3 riconosce il diritto per chiunque di sviluppare, pubblicare e utilizzare un software originale compatibile con gli standard di comunicazione e con i formati di salvataggio di un altro software.
      L'articolo 4 stabilisce che chiunque effettua lecitamente la pubblicizzazione di dati in formato elettronico è tenuto a garantirne l'accesso, ricorrendo a standard di comunicazione aperti e a formati liberi.
      L'articolo 5 fissa alcuni princìpi guida nell'ambito del trattamento di dati personali relativi alla pubblica sicurezza.
      L'articolo 6 obbliga la pubblica amministrazione a privilegiare, tra le opzioni tecniche presenti sul mercato, quelle che assicurano l'interoperabilità tra i diversi sistemi informatici.
      L'articolo 7 prevede lo sviluppo di un programma di ricerca specifico sui programmi open standard, attraverso il coinvolgimento di enti pubblici e privati.
      L'articolo 8 prevede il riconoscimento in ambito didattico dei princìpi contenuti nella legge.
      L'articolo 9 fissa i termini per la graduale attuazione della legge.
 

Pag. 3